[IMG]http://www.ijis.iarc.uaf.edu/seaice/extent/Sea_Ice_Extent.png[/IMG]
Ed ora : ha da passa' a nuttata !
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[IMG]http://www.ijis.iarc.uaf.edu/seaice/extent/Sea_Ice_Extent.png[/IMG]
Ed ora : ha da passa' a nuttata !
Se non è record poco ci manca...
[img]http://arctic.atmos.uiuc.edu/cryosphere/IMAGES/seaice.area.antarctic.png[/img]
qui si vede meglio... curioso che il record sia proprio del 2007
[url]http://arctic.atmos.uiuc.edu/cryosphere/antarctic.sea.ice.interactive.html[/url]
Fantastico quel grafico Don Diego !
Situazione del Polo Nord DRAMMATICA. Guardate qui, confronto settembre 1984/2012 impietoso e drammatico.
[url]http://www.repubblica.it/scienze/2012/09/27/foto/si_scioglie_la_calotta_artica_i_ghiacci_al_minimo_storico-43379151/1/?ref=HRESS-37[/url]
Cercando notizie anche sull'antartide ho trovato questo articolo , mi sembra di facile comprensione ed immediato :
L'aumento delle precipitazioni nevose sull'Antartide centrale sta aumentando lo spessore della copertura di ghiaccio e forse riducendo l'aumento del livello del mare.
Secondo uno studio pubblicato su Science da un gruppo di ricercatori della British Antarctic Survey la calotta antartica ha guadagnato tra il 1992 e il 2003 circa 45 miliardi di tonnellate di ghiaccio, cioè quanto basta per ridurre la crescita del livello degli oceani di circa 0,12 millimetri ogni anno.
I ricercatori si aspettavano un risultato di questo tipo: l'Ipcc, il gruppo di esperti delle Nazioni Unite che studia i cambiamenti climatici, aveva già evidenziato infatti come il livello del mare si stesse innalzando di circa 1,8 millimetri all'anno soprattutto a causa dello scioglimento dei ghiacci della Groenlandia e dell'Antartico. A sua volta però i cambiamenti climatici causano un aumento dell'evaporazione delle acque oceaniche e quindi dell'umidità atmosferica e un aumento delle precipitazioni nevose sull'Antartico. Nessuno fino a oggi era riuscito a misurare gli effetti sulla calotta ghiacciata con tanta precisione.
Nonostante i risultati fossero previsti, resta ancora da capire se siano dovuti effettivamente ai cambiamenti climatici o se invece dipendano dalla normale variabilità climatica della regione. I dati sono stati ottenuti attraverso i satelliti dell'Agenzia spaziale europea ERS-1 e ERS-2, che hanno misurato i cambiamenti in altitudine di circa il 70 per cento del territorio interno dell'Antartico, cioè circa 8,5 milioni di chilometri quadrati, più o meno le dimensioni degli Usa.
Nel periodo studiato, l'area orientale dell'Antartico, che comprende il 75 per cento di tutte le terre dell'Antartico e l'85 per cento del ghiaccio, è aumentata in media di 1,8 centimetri all'anno. Al contrario, l'area più piccola dell'Antartico occidentale ha mostrato un aumento minimo, praticamente di 0 centimetri all'anno. Secondo gli esperti, comunque, l'aumento del ghiaccio nell'Antartico non sarà sufficiente a controbilanciare l'aumento del livello del mare. Questa notizia è stata diffusa dall'agenzia “ZadiG”.
Istituzioni scientifiche citate nell'articolo:
British Antarctic Survey
ALLARME SCIENZIATI, IL POLO NORD STA FONDENDO
Articolo tratto da ANSA
NEW YORK, 19 Agosto - Scienziati in allarme negli Usa: secondo due esperti appena tornati dall'estremo nord del pianeta, la calotta di ghiacci che per milioni di anni ha coperto il Polo Nord si e' sciolta (**). Almeno per ora - hanno riferito gli scienziati al 'New York Times' - una chiazza di mare larga almeno un miglio si e' aperta al Polo: un qualcosa che mai essere umano aveva visto con i suoi occhi, e la prova tangibile che l'effetto serra ha conseguenze piu' veloci del previsto sul riscaldamento della terra. 'Siamo stati colti completamente alla sprovvista'', ha dichiarato al 'New York Times' James McCarthy, oceanografo di Harvard e uno dei capi della commissione intergovernativa sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite. L'ultima volta, secondo gli scienziati, che la calotta polare artica si e' sciolta e' stato 50 milioni di anni fa. McCarthy e' arrivato al Polo su un rompighiaccio russo circa un mese fa: sei mesi fa, in un simile viaggio, la nave Yamal aveva dovuto farsi strada attraverso uno strato di ghiacci spesso oltre due metri fino al traguardo del Polo Nord. Stavolta invece il ghiaccio era cosi' sottile che la luce del sole poteva attraversarlo e nutrire la concentrazione di plancton sottostante. McCarthy ha detto che il capitano dell'unita' russa, che ha fatto dieci volte il viaggio in anni recenti, non aveva mai visto nulla di simile. Un altro partecipante alla spedizione, il paleontologo dell'American Museum di Natural History di New York Malcolm McKenna, ha confermato l'allarme: la Yamal ha attraversato tratti di ghiaccio inusualmente sottile nell'approccio da Spitsbergen in Norvegia al Polo. E quando la nave ha raggiunto la destinazione finale, confermata da McKenna con un sistema di orientamento GPS, la sua prua era lambita da acqua salata. ''Non credo che mai nessuno nella storia sia mai arrivato qui per essere salutato da acqua, non da ghiacci'', ha detto McKenna che ha documentato il fenomeno con fotografie pubblicate oggi dal 'New York Times'. La Yamal ha dovuto allontanarsi di dieci chilometri per trovare ghiaccio solido e far scendere i passeggeri. Sul mare quel giorno volavano i gabbiani: sarebbe la prima volta, secondo gli ornitologi, che uccelli sono visti volare al Polo Nord. Non e' d'altra parte la prima volta che gli scienziati lanciano l'allarme sugli effetti al Polo del riscaldamento della Terra: alcuni mesi fa un gruppo di scienziati norvegesi aveva pronosticato che l'effetto serra avrebbe portato allo scioglimento dei ghiaccci del Polo entro la fine del secolo. ''Stavolta pero' deve suonare davvero un campanello d'allarme: l'ultima volta che il Polo si e' sciolto e' stato nell'Eocene'', ha detto McKenna.
** Nota della redazione: ricordiamo che il passaggio di stato ghiaccio-acqua viene definito FUSIONE e non scioglimento
Altro articolo , relativo alle opportunita' economiche che si aprirebbero o che si stanno offrendo con il fondere dei ghiacci .([url]http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=9&cad=rja&ved=0CE0QFjAI&url=http%3A%2F%2Fwww.meridianionline.org%2F2012%2F07%2F27%2Flo-scioglimento-dei-ghiacci-dellartico-apocalisse-o-opportunita%2F&ei=zbRqUIzLEaKk4gT29YAI&usg=AFQjCNELxK-Zzbeprl9dPbiGedcadiy--g[/url])
Nel 2010 l’ammiraglio statunitense James Stavridis, alto ufficiale NATO, dette un avvertimento: “For now, the disputes in the north have been dealt with peacefully, but climate change could alter the equilibrium”. L’ambasciatore russo presso il quartier generale NATO, Dmitry Rogozin, espresse simili preoccupazioni “NATO has sensed where the wind comes from. It comes from the north”.
Il nord in questione è il Polo Artico e i cambiamenti climatici a cui accenna l’ammiraglio si riferiscono al cosiddetto “Albeido Effect” che sta cambiando il panorama dei ghiacci polari nordici più del riscaldamento globale.
L’Albeido Effect (Albeido dal latino pallore, biancore) è l’amplificazione della potenza dei raggi solari che avviene quando il biancore della calotta polare fatta di ghiaccio e neve sciogliendosi diventa acqua, attirando in misura maggiore la luce del sole. Un effetto che funge da moltiplicatore del surriscaldamento del territorio. Il risultato è evidente: il Polo Nord subisce il global warming in maniera maggiore rispetto a tutte le restanti parti del globo, ad eccezione ovviamente dell’Antartide.
L’accelerazione dello svanire dei ghiacci comporta un cambiamento repentino delle condizioni estreme del Polo (e un conseguente cambiamento delle potenzialità di sfruttamento dello stesso). Il cambiamento di clima e lo sciogliersi delle nevi, oltre ad essere disastrosi per l’ecosistema dell’Artico e per l’equilibrio terra-acqua del globo, coincidono anche con un aumento delle possibilità d’accesso all’immenso tesoro sottomarino nascosto che viene scoperto di pari passo con il ritiro della calotta polare.
La geopolitica del nuovo Artico è entrata nella storia il 2 agosto del 2007 allorché la discesa del sottomarino navale russo Mir, raggiunti circa 4 km di profondità, issò la sua bandiera nazionale in titanio proprio sotto il Polo Nord sulle montagne sottomarine del Lomonosov Ridge. La bandiera sembrava sancire la paternità russa del Polo Nord e delle sue ricchezze, tanto da essere recepita come una novità scioccante e da generare preoccupazione all’interno della comunità internazionale.
Nell’immediato furore della notizia, l’Arctic Council – organizzazione intergovernativa dedita alla cooperazione tra i paesi che si affacciano sul Polo Nord – emanò una dichiarazione condivisa da tutti gli Stati affinchè le preoccupazioni fossero sedate.
Una dichiarazione che ha assunto grande importanza, perché in questa parte del mondo solidarietà e cooperazione sono beni molto preziosi per tre ragioni principali. La prima ragione è legata agli alti costi di ricerca e di possibile estrazione di minerali e risorse energetiche che si celano sotto la calotta polare. Lo scambio di informazioni e tecnologia è una pratica che può tornare utile a tutti i governi costieri dell’Artico. Secondo uno studio del US Geological Survey, l’Artico potrebbe celare 90 miliardi di barili di petrolio e 47,2 miliardi di metri cubi di gas naturale, rispettivamente il 13% e il 30% delle riserve stimate non ancora scoperte.
L’84% dei giacimenti dell’Artico è però offshore e per buona parte in acque internazionali. I giacimenti petroliferi si trovano perlopiù sotto la piattaforma continentale di Alaska (Stati Uniti), Groenlandia (Danimarca) e Canada, mentre la Russia e la Norvegia hanno in prevalenza riserve di gas naturale.
La seconda ragione è di natura giuridica. Lo sfruttamento del tesoro nascosto va ben oltre le 200 miglia marine della piattaforma continentale disegnata dalla Convenzione sul diritto del mare di Montego Bay. Stando così le cose, eventuali controversie internazionali dovrebbero essere risolte con il diritto internazionale vigente. Perciò è auspicabile un accordo sulle “zone di influenza estrattiva” che presupponga un clima di solidarietà e cooperazione per approfittare al massimo delle potenzialità economiche della regione.
La terza ragione è legata alle vie nautiche che lo scioglimento dei ghiacci ha reso percorribili. L’epico passaggio a nord-ovest che collegherebbe le rotte dell’Atlantico del Nord direttamente al Pacifico settentrionale (costeggiando la Groenlandia, il Canada e l’Alaska) sarebbe la via più veloce per lo stretto di Barents e quindi per il Giappone e il continente asiatico. Un’altra via è la Nothern Sea Route o semplicemente il passaggio a nord-est che collegherebbe il Mare del Nord e le coste norvegesi con il Giappone passando dalla Siberia.
Nel 2010 cinque imbarcazioni si sono avventurate per questa via, mentre nel 2011 sono state ben 39 comprese due navi da crociera. Ad oggi, entrambe le vie sono percorribili per cinque mesi all’anno.
Venti anni fa, pensare una ‘via per le Indie’ non utilizzando il Canale di Suez poteva apparire fantascienza, oggi invece sembra realtà. Ottimizzare la gestione delle rotte del Nord permetterebbe notevoli risparmi e avrebbe riflessi molto importanti sul commercio internazionale. Uno scenario che avverrebbe però a spese dell’Egitto, che a causa della ridotta perdita di centralità della Canale di Suez potrebbe subire una contrazione degli introiti pari a circa 5 miliardi di dollari annui.
L’Artico non sembra più essere Terra Nullius e la corsa alle sue ricchezze del sottosuolo marino è già cominciata. Poco importa se complottisti o disfattisti del clima partoriscono teorie di una Londra sotto le acque del Mare del Nord alla fine di questo secolo. La posta in gioco in termini di minerali e risorse energetiche è di gran lunga maggiore delle possibili tremende conseguenze del cambiamento.
27 luglio 2012
Scopri di più su: Arctic Council | Artico | Lomonosov Ridge | NATO | Nothern Sea Route | Polo Nord
Alcune brevissime considerazioni sugli articoli riportati, cominciando da quello riportato dall'Ansa (cui va un plauso per la nota redazionale).
1)
Come fa james Mcarthy ad affermare con tanta sicumera che i ghiacci al Polo Nord non subirono mai la completa fusione se non ai tempi dell'Eocene quando, senza andare così lontano, qualche migliaio di anni (no 2, 3 secoli, qualche migliaio di anni) successivi alla fine dell'ultima glaciazione gli scienziati concordano che furono interessati dal cosidetto optimum climatico, con temperature medie sueriori a quelle attuali? Misteri della fede...
2)
Forse alle relazioni internazionali sono avvezzi all'uso di ligue foreste più che la nostra, basti il famoso (ma solo per loro) "albeido effect" (albeido?, addirittura dal latino: "albeido"??????). Lasciamo perdere cosa hanno capito loro di cosa sia l'effetto albedo, va comunque rimarcato che quest'ultimo è certamente l'effetto fisico che maggiormente viene citato a sproposito (dal famoso effetto albedo che si verifica niente meno che notte, fino all'effetto albedo che potenzia i raggi solari).
Che limitassero i loro ragionamenti alle relazioni internazionali
[url]http://www.atmosphere.mpg.de/enid/ACCENT_it/I_cambiamenti_climatici_2__7_speciale_IPCC_67c.html[/url]
All'interno della realzione segnalo una parte discorsiva ma , secondo me , di facile comprensione , la quale dimostra come anche cambi repentini di clima rientrino nella storia del pianeta e in sostanza siano causa non solo di catastrofi ma anche di opportunita' , discorso trattato sempre all'interno di questa sezione qualche pagina addietro , ( [url]http://www.atmosphere.mpg.de/enid/ae2a7df2a003d4649142148736025dc8,0/I_cambiamenti_climatici_2__7_speciale_IPCC/C__Retrospezione_67f.html[/url]) ma tutta la relazione e' molto gradevole .