"Tutta la vita deriva dalla CO2. E’ la magia originaria, da cui dipende ogni cosa nel mondo vivente. Sulla superficie terrestre, con la semplice luce del sole e con l’acqua, si trasforma in materia vivente attraverso la fotosintesi, rilasciando in cambio ossigeno. Questo carbonio delle piante fluisce nei corpi degli animali e negli ecosistemi, poi torna negli oceani e nell’aria sotto forma, nuovamente di CO2. Ma una parte sfugge al mondo superficiale e penetra nella terra, sotto forma di calcare, o di fango di carbonio, giacendo negli abissi della crosta terrestre per centinaia di milioni di anni. Se non viene sepolto, questo materiale delle piante è bruciato in fretta, sulla superficie del pianeta, da animali, funghi e batteri attraverso il processo di combustione del metabolismo. In questo modo la vita consuma il 99,99% dell’ossigeno prodotto dalla fotosintesi, e lo userebbe tutto, non fosse per quell’infinitesimale fuga di materia vegetale nelle rocce. Ma è proprio da tale infiltrazione che il pianeta ricava il suo bizzarro surplus di ossigeno. In altre parole l’atmosfera respirabile della Terra è il lascito non tanto delle foreste e dei banchi di plancton vivo di oggi, quanto della CO2 catturata dalle forme di vita nel corso della storia del nostro pianeta e relegata nella crosta terrestre sotto forma di combustibili fossili. Se la storia finisse qua e la CO2 fosse “semplicemente” il sostrato fondamentale di tutte le forme viventi della Terra e origine indiretta dell’ossigeno che garantisce la vita, già sarebbe abbastanza interessante. Ma si dà il caso che questa stessa umile molecola sia anche cruciale ai fini della modulazione della temperatura di tutto il pianeta e della chimica dell’intero oceano. Quando la chimica del carbonio non funziona, il mondo vivente si guasta, il termostato si rompe, gli oceani si acidificano e le cose muoiono. Questa straordinaria rilevanza della CO2 per ogni componente del sistema Terra è il motivo per cui non la si può considerare solo l’ennesimo inquinante industriale nocivo da regolamentare, come i clorofluorocarburi o il piombo. Essa è piuttosto, come scriveva l’oceanografo Roger Revelle nel 1985, la “ sostanza più importante nella biosfera”.
La sostanza più importante nella biosfera non è cosa da trattare senza riguardo. La circolazione della ACO2, quando esala dai vulcani, quando si sparge nell’aria e negli oceani, quando turbina nelle spirali della vita e quando ripenetra nelle rocce, è quel che fa della Terra la “ Terra”. Si chiama ciclo del carbonio e la vita sul nostro pianeta dipende dal fatto che tale ciclo conservi una sorta di delicato, nonché dinamico, equilibrio. Benché la CO2 fuoriesca costantemente dai vulcani ( a un centesimo del ritmo delle emissioni umane) e sebbene gli organismi viventi la scambino incessantemente e freneticamente sulla superficie terrestre, al contempo il pianeta la elimina di continuo dal sistema, scongiurando una catastrofe climatica. Le risposte che riducono la CO2, dall’erosione di intere catene montuose allo sprofondamento nei fondali marini di mulinelli di plancton ricchi di carbonio, servono per mantenere una sorta di equilibrio planetario. Almeno la maggior parte del tempo. Quello in cui viviamo è un mondo improbabile e miracoloso e che sventatamente diamo per scontato. A volte, per, nella storia geologica, il pianeta è stato spinto oltre la soglia. Il sistema Terra può piegarsi ma può anche rompersi. E talvolta in occasione di episodi eccezionalmente rari e catastrofici sepolti negli abissi della storia terrestre, il ciclo del carbonio è stato totalmente stravolto, smantellato, è andato fuori controllo, e la prevedibile conseguenza è stata l’estinzione di massa.
Che cosa accadrebbe se, per dire, i vulcani di interi continenti, bruciando i tesori di calcare carico di carbonio e accendendo massicci depositi di carbone e gas naturale del sottosuolo, sparassero migliaia di tonnellate di CO2 nell’aria? Fu questa la tragedia che colpì le sventurate creature vissute 251,9 milioni di anni fa, negli istanti che precedettero la più grande estinzione di massa nella storia della vita sulla Terra. Alla fine del Permiano, il 90% di quelle forme di vita avrebbe imparato il prezzo fatale imposto dal ciclo del carbonio completamente squilibrato per colpa di troppa anidride carbonica.
Nell’estinzione di massa alla fine del Permiano l’anidride carbonica continuò ad uscire dai vulcani della Siberia per migliaia di anni e per poco non mise fine al progetto di vita complessa. Tutti i normali paletti di sicurezza nel ciclo del carbonio si incrinarono e fallirono in quello che fu il momento in assoluto peggiore dell’intera storia geologica. Le temperature aumentarono di 10°, il pianeta si contorceva tra oceani di un caldo e acidità mortali, vibranti di orrendi rigogli di alghe bavose che rubavano ossigeno alle loro acque antiche. Quell’oceano anossico si riempì di acido solforico, mentre gli uragani imperversavano con intensità sinistra. Nel periodo immediatamente successivo, quando la febbre esplose, si sarebbe potuto percorrere il mondo intero senza incontrarvi un solo albero, le barriere coralline del pianeta erano state sostituite da mucillagini di batteri, il passato raccontato dai reperti fossili tacque e il pianeta ci mise quasi 10 milioni di anni a tirarsi fuori dall’oblio. Grazie in gran parte, ai combustibili fossili che bruciavano.
Ogni estinzione di massa nella storia terreste è stata analogamente segnata da massicci stravolgimenti nel ciclo globale del carbonio, i cui segnali sono stati estrapolati dalle rocce a opera dei geochimici. Vista l’importanza cruciale della CO2 per la biosfera, non dovrebbe dunque stupirci scoprire che spingere questo sistema così oltre l’equilibrio rischia di portare, con ogni probabilità, alla distruzione del pianeta. E oggi. Che succederebbe se i discendenti degli ominidi tentassero di fare esattamente la stessa cosa dei vulcani di centinaia di milioni di anni fa? Se sacrificassero gli stessi immensi serbatoi di carbonio nel sottosuolo, non facendoli inconsapevolmente esplodere dalla crosta terrestre come un supervulcano ma in modo un po' più garbato, estraendoli dalla profondità e bruciandoli tutti in superficie in un’eruzione più rarefatta, per mezzo dei pistoni e delle fucine della modernità... e a un ritmo dieci volte superiore a quello che provocò l’estinzione di massa? E’ questa l’assurda domanda cui oggi pretendiamo che il pianeta risponda per noi. Il clima non reagisce agli slogan politici; non risponde ai modelli economici. Risponde solo alla fisica. Non sa, o non gli importa, se l’eccesso di CO2 nell’atmosfera deriva da un evento vulcanico che si verifica ogni cento milioni di anni o da una civiltà industriale unica nella storia della vita. Reagirà comunque allo stesso modo. E nelle rocce abbiamo un avvertimento incontrovertibile: reperti fossili disseminati delle lapidi di antiche apocalissi, la buona notizia è che siamo ancora lontani dall’arrivare ai raccapriccianti crescendo di quei cataclismi passati. E potrebbe persino darsi che il pianeta sia più resiliente oggi agli shock nel ciclo del carbonio di quanto non lo fosse in quei tragici giorni. Non c’è motivo di dover incidere i nostri nomi nell’elenco ignominioso degli eventi peggiori della storia della Terra. Ma se qualcosa le rocce vogliono dirci, è che stiamo tirando le leve più potenti del sistema Terra. E lo stiamo facendo a nostro rischio e pericolo."
Peter Branner
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