Marco C.
09-02-2014, 12:35
Sotto l'incalzare degli eventi degli ultimi anno ho deciso di aprire un mio blog
marcocameraclimaeterritorio.wordpress.com
ecco l'articolo 0
Siamo alle solite verrebbe da dire usando una delle frasi fatte più abusate nel lessico comune, ancora un episodio in cui la natura ricorda che solo dal suo rispetto, può derivare pace e prosperità per le attività dell’uomo. Negli ultimi 4 anni dalla terribile alluvione del Novembre 2010 si sono concentrate una serie di ricorrenti criticità del nostro sistema idraulico come mai si erano viste nel recente passato. Numerose piene con annessi allagamenti più o meno significativi: almeno 5 da allora, le riepiloghiamo: Natale/Santo Stefano 2010, Marzo 2011, Novembre 2012, Maggio 2013 e infine Febbraio 2014, che è l’ultima e che sicuramente è nell’ordine il secondo avvenimento più calamitoso.
Questi sono fatti concreti reali che mettono a nudo l’orgoglio di una regione in buona parte strappata alle acque nel corso del tempo, con una tradizione idraulica millenaria, ma che negli ultimi anni viene scossa nelle sue stesse fondamenta dalla crisi del suo sistema che irrigiditosi durante il boom economico degli anni ’80 e ’90, ha smesso di rispondere ai cambiamenti provenienti sia dal suo interno che dall’esterno. La crisi veneta non è solamente quella della piccola media impresa che mal si adatta alla concorrenza dei nuovi paesi emergenti, o meglio dire emersi, nel panorama economico internazionale, ma anche quella del non sapere rispondere ai cambiamenti climatici che su microscala stanno condizionando e condizioneranno il nostro paesaggio in questo presente e nel prossimo futuro.
Dobbiamo ricordare che la natura non è un attore immobile e passivo nell’ambito del nostro territorio, non lo è mai stato, semmai ad essere cambiata rispetto al passato è proprio questa fondamentale percezione, probabilmente a causa di decenni di sviluppo infrastrutturale ed urbanistico che ha subordinato alla logica della crescita economica quell’equilibrio dinamico che sta alla base del rapporto uomo-ambiente. Certamente ci sono i cambiamenti climatici, ma questi ci sono sempre stati a prescindere dal fatto che quelli attuali siano o meno di origine antropica, questo è ancora un tema controverso dove non mi voglio esprimere in questo articolo. Tuttavia proprio perché palese questa consapevolezza ci impone di trovare delle soluzioni e rompere questo irrigidimento che altrimenti renderà inevitabile l’arrivo di ulteriori calamità.
Ma da dove si deve cominciare?
A mio giudizio non è possibile capire cosa sta succedendo se non conosciamo il nostro territorio, se non sappiamo quale sono le sue origini e la sua evoluzione nel corso del tempo. Questo è un aspetto basilare, senza dubbio il più importante per non essere impreparati quando ritorneranno a presentarsi, e ritorneranno, episodi meteorologici particolarmente avversi. Dobbiamo riscoprire le nostre radici quando millenni or sono l’uomo si è insediato o meglio adattato a questa pianura, certamente ben diversa da quanto vediamo adesso. La pianura veneta come gran parte dei sistemi planiziari terrestri è frutto di intensi processi morfogenetici fluviali che iniziano nella notte dei tempi. Da questi è derivato un paesaggio primigenio la cui giacitura naturale dei terreni era tutt’altro che isotropica, ma caratterizzata dall’alternarsi di leggeri rilievi della superficie: i dossi, avvallamenti e bassure più o meno ampie, veri e propri bacini interfluviali spesso occupati da paludi o laghi, ovvero in buona parte lo scenario che le valli padovane prospicienti la Fratta stanno offrendo in questo inizio di febbraio 2014. A questo scorcio si sommavano anche vaste aree dominate da selve secolari come ricordano alcuni toponimi del contiguo territorio veronese: Boschi sant’Anna, Boschi san Marco
L’uomo quando ha cominciato la frequentazione di queste lande non poteva prescindere dalla forza di questi elementi naturali e la sua prima iniziale risposta è stata la colonizzazione dei punti corrispondenti a naturali elevazioni del terreno. Da qui riassumendoli i passi principali vanno dalle prime prime difese degli abitati e dei corsi d’acqua nella preistoria, per passare alle centuriazioni romane, poi alle continue lotte per sottrarre terra alle paludi prepotentemente tornate nel corso del medioevo, ed ancora alle prime bonifiche e all’innalzamento degli argini moderni, per finire alla tipica sistemazione della campagna padovana e ai consorzi di bonifica che hanno di fatto sancito l’attuale equilibrio.
In questo ambito approfondirò in interventi successivi quelli che sono gli aspetti principali del nostro territorio, da quelli climatici a quelli archeologici, da quelli storici a quelli geografici, nella speranza che questo blog diventi un riferimento per chi vuole saperne di più per non restare indifeso rispetto all’incalzare degli eventi di questi ultimi anni
Sperando di fare cosa gradita, ma soprattutto utile seguiranno presto nuovi articoli riguardanti sia l’attualità che episodi del passato, ma sempre all’insegna del filo conduttore sopra illustrato ovvero il nostro territorio
marcocameraclimaeterritorio.wordpress.com
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Siamo alle solite verrebbe da dire usando una delle frasi fatte più abusate nel lessico comune, ancora un episodio in cui la natura ricorda che solo dal suo rispetto, può derivare pace e prosperità per le attività dell’uomo. Negli ultimi 4 anni dalla terribile alluvione del Novembre 2010 si sono concentrate una serie di ricorrenti criticità del nostro sistema idraulico come mai si erano viste nel recente passato. Numerose piene con annessi allagamenti più o meno significativi: almeno 5 da allora, le riepiloghiamo: Natale/Santo Stefano 2010, Marzo 2011, Novembre 2012, Maggio 2013 e infine Febbraio 2014, che è l’ultima e che sicuramente è nell’ordine il secondo avvenimento più calamitoso.
Questi sono fatti concreti reali che mettono a nudo l’orgoglio di una regione in buona parte strappata alle acque nel corso del tempo, con una tradizione idraulica millenaria, ma che negli ultimi anni viene scossa nelle sue stesse fondamenta dalla crisi del suo sistema che irrigiditosi durante il boom economico degli anni ’80 e ’90, ha smesso di rispondere ai cambiamenti provenienti sia dal suo interno che dall’esterno. La crisi veneta non è solamente quella della piccola media impresa che mal si adatta alla concorrenza dei nuovi paesi emergenti, o meglio dire emersi, nel panorama economico internazionale, ma anche quella del non sapere rispondere ai cambiamenti climatici che su microscala stanno condizionando e condizioneranno il nostro paesaggio in questo presente e nel prossimo futuro.
Dobbiamo ricordare che la natura non è un attore immobile e passivo nell’ambito del nostro territorio, non lo è mai stato, semmai ad essere cambiata rispetto al passato è proprio questa fondamentale percezione, probabilmente a causa di decenni di sviluppo infrastrutturale ed urbanistico che ha subordinato alla logica della crescita economica quell’equilibrio dinamico che sta alla base del rapporto uomo-ambiente. Certamente ci sono i cambiamenti climatici, ma questi ci sono sempre stati a prescindere dal fatto che quelli attuali siano o meno di origine antropica, questo è ancora un tema controverso dove non mi voglio esprimere in questo articolo. Tuttavia proprio perché palese questa consapevolezza ci impone di trovare delle soluzioni e rompere questo irrigidimento che altrimenti renderà inevitabile l’arrivo di ulteriori calamità.
Ma da dove si deve cominciare?
A mio giudizio non è possibile capire cosa sta succedendo se non conosciamo il nostro territorio, se non sappiamo quale sono le sue origini e la sua evoluzione nel corso del tempo. Questo è un aspetto basilare, senza dubbio il più importante per non essere impreparati quando ritorneranno a presentarsi, e ritorneranno, episodi meteorologici particolarmente avversi. Dobbiamo riscoprire le nostre radici quando millenni or sono l’uomo si è insediato o meglio adattato a questa pianura, certamente ben diversa da quanto vediamo adesso. La pianura veneta come gran parte dei sistemi planiziari terrestri è frutto di intensi processi morfogenetici fluviali che iniziano nella notte dei tempi. Da questi è derivato un paesaggio primigenio la cui giacitura naturale dei terreni era tutt’altro che isotropica, ma caratterizzata dall’alternarsi di leggeri rilievi della superficie: i dossi, avvallamenti e bassure più o meno ampie, veri e propri bacini interfluviali spesso occupati da paludi o laghi, ovvero in buona parte lo scenario che le valli padovane prospicienti la Fratta stanno offrendo in questo inizio di febbraio 2014. A questo scorcio si sommavano anche vaste aree dominate da selve secolari come ricordano alcuni toponimi del contiguo territorio veronese: Boschi sant’Anna, Boschi san Marco
L’uomo quando ha cominciato la frequentazione di queste lande non poteva prescindere dalla forza di questi elementi naturali e la sua prima iniziale risposta è stata la colonizzazione dei punti corrispondenti a naturali elevazioni del terreno. Da qui riassumendoli i passi principali vanno dalle prime prime difese degli abitati e dei corsi d’acqua nella preistoria, per passare alle centuriazioni romane, poi alle continue lotte per sottrarre terra alle paludi prepotentemente tornate nel corso del medioevo, ed ancora alle prime bonifiche e all’innalzamento degli argini moderni, per finire alla tipica sistemazione della campagna padovana e ai consorzi di bonifica che hanno di fatto sancito l’attuale equilibrio.
In questo ambito approfondirò in interventi successivi quelli che sono gli aspetti principali del nostro territorio, da quelli climatici a quelli archeologici, da quelli storici a quelli geografici, nella speranza che questo blog diventi un riferimento per chi vuole saperne di più per non restare indifeso rispetto all’incalzare degli eventi di questi ultimi anni
Sperando di fare cosa gradita, ma soprattutto utile seguiranno presto nuovi articoli riguardanti sia l’attualità che episodi del passato, ma sempre all’insegna del filo conduttore sopra illustrato ovvero il nostro territorio